domenica 25 settembre 2016

Il faticoso sentiero della virtù




L'autunno è una stagione che mi mette le ali.
La luce in queste giornate ha una bellezza incantevole e la temperatura per me è perfetta, mi fa venir voglia di andarmene in giro per la città.

L'autunno è il periodo dei sogni, del prendere le cose buone che si hanno, senza lamentarsi.
La natura ha terminato il suo ciclo produttivo e si appresta a lasciar andare quello che non serve più, preparandosi alle lunghe notti invernali. Sarebbe bello poter fare così anche per noi esseri umani. Io voglio farlo.



La mia consapevolezza di poter fare a meno delle cose inutili e superflue, che agli altri sembrano così indispensabili, aumenta di giorno in giorno. Mi sento come se stessi sfrondando una pianta: taglia, taglia senza pietà anche i rami più rigogliosi per lasciare solo quelli che in primavera daranno i fiori e poi i frutti. Mi vengono facili queste metafore botaniche perché mercoledì ho iniziato a leggere L'orto di un perdigiorno, il mitico libro di Pia Pera, la scrittrice morta purtroppo nell'estate di quest'anno, dopo una lunga malattia. Il libro è una specie di diario, una cronaca in cui Pia racconta la sua esperienza di apprendista giardiniere-ortolano nel podere abbandonato che ha deciso di ristrutturare e dove si è trasferita. È un racconto fatto di cose semplici, di stagioni che scandiscono la vita della campagna e anche quella dell'autrice che si deve adeguare ad esse.
"Sono seduta sull'amaca sospesa al trave della tettoia. Mi godo la pioggia obliqua di novembre. Sbuccio una melagrana. I chicchi si staccano rosso rubino e aciduli dagli alveoli biancastri. Il nespolo di Germania è picchettato di frutti bronzei. Giacca e cappello d'incerata, stivali di gomma, davanti a me foglie fattesi luce. È la felicità."


 Sto proseguendo con la scrittura del mio libro, non le storie per bambini, l'altro, quello "serio". Tra qualche pagina entrerà in scena un vecchio giardino, ecco perché sto leggendo e visitando giardini.
Ieri ho messo in atto una delle mie piccole fughe solitarie e gioiose che mi piace tanto fare. Non serve molto: bastano una mezza giornata libera, scarpe comode, biglietto dell'autobus, zainetto con all'interno penna e quaderno per fissare le idee e, possibilmente, una meta.
All'andata sosta per un delizioso caffè.
Vi assicuro che è bellissimo.
Quindi ieri sono andata al giardino Giusti. È uno di quei luoghi storici della città, in cui vanno gli sposi per le foto ricordo del matrimonio. Lo si sente nominare fin da bambini e sembra così scontato  che si crede di conoscerlo benissimo, anche se in realtà non ci si è mai stati. Io c'ero stata, da piccola con i miei genitori, ma non ricordo nulla di quella visita e così ho approfittato della bellissima giornata di sole, per tornarci.



Al giardino si accede attraverso palazzo Giusti, situato in una via abbastanza trafficata in una zona antica e suggestiva della città. Quando si varca il portone non ci si immagina che tra pochi passi ci si ritroverà, quasi per incanto, nel giardino dell'Eden.



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L'enorme parco è diviso in tre registri, secondo l'idea del committente che nel Cinquecento volle dare al visitatore la possibilità di intraprendere una specie di percorso filosofico, un viaggio nella crescita personale. Si parte dal registro inferiore, pianeggiante e razionale, in cui si passeggia tra le volute armoniose e simmetriche tipiche del giardino all'italiana.




Si sale, attraverso stradicciole che si fanno via via sempre più ripide e ombrose. Si lascia così la bellezza apollinea per addentrarsi nei misteriosi e imprevedibili sentieri dionisiaci. Infatti quasi subito una grande statua di Dioniso-Bacco ci consiglia  di proseguire nel cammino, senza paura, per arrivare alla sommità del giardino in cui, dopo inquietudini e difficoltà, troveremo il tempietto della virtù (oggi purtroppo non più esistente).


Un tempo, nel percorrere la salita al tempietto, il visitatore incontrava la grotta dell'eco e la grotta degli specchi, espedienti inseriti dal committente per provocare un senso di smarrimento e inquietudine. Nel corso della Seconda guerra mondiale il giardino e il palazzo subirono molte devastazioni  tra cui la distruzione di statue e di alberi secolari, anche le grotte furono danneggiate e rimangono ancora oggi inaccessibili al pubblico

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Alla fine del registro intermedio ci si trova all'ingresso di una svettante, misteriosa torretta; si deve percorrere la ripida scala a chiocciola per giungere alla sommità del giardino. Il viaggio filosofico è finito, siamo arrivati alla virtù e da qui si gode un meraviglioso panorama della città.
Io ieri ci sono arrivata alle sei di sera, la luce del tramonto di settembre rendeva tutto simile a un sogno e il suono delle campane, proveniente dalle numerose antiche chiese della città, dava al paesaggio una nota di dolce malinconia.



Qui il visitatore può sedersi con un libro oppure godersi semplicemente il paesaggio, avvolto dai profumi delle numerose piante officinali.
 Io non avevo più molto tempo a disposizione: dovevo uscire dal giardino e attraversare mezza città per arrivare alla fermata del mio autobus velocemente. Così ho rifatto il percorso al contrario, sostando per qualche foto ancora e poi sono andata via.


Tra i numerosi reperti di epoca romana conservati nel giardino, è interessante fermarsi ad osservare una piccola lapide con iscrizione latina che ricorda una bambina morta a soli cinque anni, nel I secolo d.C.; la scritta ci fa sapere che questo manufatto di pietra, giunto fino a noi attraverso i secoli, fu commissionato dai nonni della piccola.


La piccola fuga gioiosa è terminata, cari amici, ma il nostro viaggio alla ricerca della virtù non si ferma...
E voi? Quali sono le vostre fughe? E quali le virtù che state cercando?
Un saluto a tutti!


domenica 18 settembre 2016

Il ritorno della Casalinga

"Non farò mai la casalinga!"
Affermavo con grande convinzione quando ero ragazzina e vedevo mia madre sfaccendare tutto il giorno tra fornello, secchiaio e pavimenti da lavare.
Sì, perché quella vita mi sembrava frustrante e malinconica. Non metto in dubbio che a volte lo fosse, tuttavia, guardando indietro con gli occhi di oggi, mi chiedo se mia madre fosse veramente frustrata o se invece lei amasse quella vita. E mi domando se la mia infanzia sarebbe stata così serena senza una mamma casalinga. Non saprei. Però probabilmente se non ci fosse stata la presenza costante di un genitore (all'epoca era la madre, oggi potrebbe essere anche il padre) non sarei diventata la persona che sono. Non dico che sarei peggiore o migliore, semplicemente credo che sarei diversa.

Qualche anno fa la donna che sceglieva di fare la casalinga era malvista, criticata e compatita dalle amiche. Ora, invece, sembra che la casalinga sia tornata di moda.
Per curiosità ho fatto qualche ricerca online sull'argomento, ho letto articoli di settimanali e blog dai quali emerge una marcata inversione di tendenza nei desideri delle giovani donne. Secondo le statistiche l'aspirazione delle ragazze non sarebbe più sgomitare per fare carriera, ma stare a casa a preparare marmellate. Su You Tube hanno molto seguito i canali dedicati alla cura della casa e alle ricette di cucina. Le nuove casalinghe, però, sono quasi tutte laureate, sanno usare bene internet, hanno molti interessi e sono molto curate nell'aspetto e nell'abbigliamento, altro che ciabatte, grembiule e bigodini in testa!


Le casalinghe moderne leggono libri di culto sul riordino che consigliano di parlare ai vestiti mentre si fa il cambio-stagione; usano rivoluzionari metodi americani in cui il colpo di genio consiste nell'imporsi di non andare a letto la sera senza prima aver lavato i piatti  e pulito il secchiaio, cosa che mia mamma fa da quarant'anni.

Per anni ho avuto orrore delle faccende domestiche, non sapevo nemmeno come si cucinasse un uovo bollito e volevo lavorare fuori casa. Ma, come spesso accade, il destino è beffardo e alla fine mi ritrovo oggi a lavorare da casa e, visto che ci sono, tocca a me  svolgere tutte quelle mansioni che un tempo mi facevano fuggire come un vampiro di fronte all'aglio.
La notizia è che forse mi piace!



Questa voglia di casalinghitudine colpisce anche molte delle mie amiche.
 E. ha lasciato il lavoro per aprire un laboratorio dove crea ceramiche che poi vende online, da casa; S.ha smesso di lavorare dopo la nascita della figlia e ora fa la mamma; F. amava talmente la sua vecchia dimora in campagna che si è stancata di girare come una trottola alla ricerca di lavori precari nel campo del restauro ed ha aperto un bed & breakfast a casa sua, così può occuparsi  tempo pieno di marmellate, colazioni, pulizie, spesa, arredamento, giardino...
Certamente tutto questo è dovuto anche al fatto che negli ultimi anni tante donne hanno perso il lavoro e non sono più riuscite a trovarne un altro stabile, così, anzichè impazzire, hanno preferito ridurre le spese e dedicarsi alla casa e alla cura della famiglia. Tuttavia, una scelta che all'inizio sembra un ripiego può rivelarsi felice.

Voi cosa ne pensate?

lunedì 12 settembre 2016

Focaccine ripiene di zucchine e scamorza


Qualche giorno fa ho improvvisato una cena sfiziosa con queste focaccine cotte in padella in pochi minuti. Volevo uscire a passeggiare sulla collina con la mia cagnetta prima che facesse buio, ma ormai le giornate si sono accorciate... Così avevo bisogno di cucinare qualcosa di sostanzioso e veloce da mangiare e non troppo impegnativo da preparare.

Ecco cos'ho combinato.


Ingredienti per l'impasto (dosi per 2 focaccine):
300 g di farina
160 g di acqua
2 cucchiai d'olio extravergine d'oliva
1 cucchiaino di sale
mezza bustina di lievito istantaneo per pizze

Ho messo tutto nella macchina del pane e in 10 minuti l'impasto era pronto.

Ingredienti per il ripieno:
una zucchina grande
mezza scamorza affumicata tagliata a cubetti
basilico
sale
pepe

Ho affettato, grigliato e salato leggermente le zucchine per accelerare la cottura e renderle più gustose.


Ho diviso l'impasto in due e ho ricavato due dischi molto sottili con il mattarello.


Ho disposto gli ingredienti del ripieno solo da un lato e ho ripiegato la pasta formando una specie di calzone; poi l'ho messo a cuocere in una padella già calda, unta con un filo d'olio.


Ho fatto cuocere circa dieci minuti per lato a fuoco medio-basso ed ecco il risultato!


La pasta si è cotta bene, il formaggio era perfettamente sciolto. Insomma le focaccine cotte in padella mi sono piaciute, sono l'ideale per un pasto d'emergenza e si possono fare con mille ripieni diversi.

Dunque, passeggiata!
Guardate che bella la chiesetta di Madonna del Monte con la luna che sorge.




A presto!

G.

sabato 3 settembre 2016

Chi è la Strega Ortica?


Nel post della scorsa settimana  avevo già fatto qualche accenno riguardo al mio impegno nella scrittura di racconti, attività che ho sempre esercitato, seppur con alti e bassi, nel corso degli anni.
Ricordo che i primi raccontini li scrissi su un quaderno con la copertina verde quando avevo 9 anni. Erano semplici storielle di avventure, in gran parte immaginarie, che io fissavo su carta al ritorno dalle vacanze in Lessinia. Leggevo poi i racconti alla mia amichetta Patrizia e lei mi leggeva i suoi: facevamo a gara a chi le sparava più grosse! La domenica, mio padre voleva che leggessi quello che avevo scritto al suo amico Oliviero, ma io mi imbarazzavo e non lo facevo volentieri. E anche oggi, dopo tanti anni, quando devo esprimere qualcosa di me, mi sento ancora quella bambina vergognosa.
Tuttavia, una volta adulti, è necessario uscire dal proprio guscio di timidezza e insicurezza; bisogna farlo per l'unica persona al mondo per cui valga la pena impegnarsi: se stessi.

Eccoci al dunque, cari amici.
Oggi sono qui a "parlarvi" del primo dei miei libretti che si intitola La Strega Ortica.
La Strega Ortica fu scritto nel 2014 ed era finito in un cassetto insieme ad altri racconti, tutti commissionati da persone che avevano ottimi progetti in mente e che poi, per una serie di motivi, andarono in fumo. E a me rimasero i manoscritti e la frustrante sensazione di aver lavorato per niente. Feci passare un po' di tempo e poi andai a rileggerli. I racconti non erano da buttare, anzi, le idee mi piacevano. Che peccato non farne nulla, mi dicevo. In particolare, La Strega Ortica era nato per diventare un piccolo libro illustrato per bambini, avevo anche pensato ad una serie... Insomma perché gettare tutto... alle ortiche?! Così nel 2015 presi matita, carta, colori e pennelli e cominciai a fare alcune prove di disegno per illustrare da sola i miei racconti. Il risultato, un po' acerbo forse, non mi dispiaceva. Inoltre mi ero affezionata ai miei personaggi e volevo che vivessero.


E siamo così arrivati all'estate 2016. L'estate dell'apertura del cassetto dei sogni segreti; l'estate della scrittura.

Ma insomma, chi è la Strega Ortica?


-La Strega Ortica è una  signora che vive tutta sola e non parla con nessuno.  Alcune persone l’hanno vista aggirarsi nel bosco di notte. Abita nella vecchia casa di pietra, alla fine della strada che porta verso il bosco di abeti.  Guarda, è lassù.

La nonna indicò uno stretto sentiero alla fine del quale c’era una piccola casa con il camino che fumava, segno che la Strega stava cucinando uno dei suoi intrugli! Anita sentì un brividino nella schiena.

 La Strega Ortica è, in realtà, un'emarginata. Una donna che suscita la maldicenza della gente a causa del suo comportamento schivo e non convenzionale.
Sotto la leggerezza del racconto per bambini c'è il vero tema di questa prima storia: l'emarginazione di chi è percepito come diverso.
La Strega non parla, non vuole essere vista, protegge la sua dimora con grandi cespugli di piante urticanti: lei ha sperimentato a proprie spese quanto sia corrispondente al vero la celeberrima frase di Niccolò Macchiavelli: ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei.
Solo la piccola Anita, armata del suo piccolissimo coraggio che le servirà per affrontare le ombre del bosco ed arrivare fino alla casa stregata per salvare il suo amato gattino, potrà vedere il vero volto della donna misteriosa.

Bene amici, La strega Ortica verrà pubblicato prima di Natale e potrà essere acquistato online e nelle librerie fisiche in cui sarà possibile distribuirlo.